E' consigliato parlare con gli sconosciuti ...

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sabato 29 agosto 2015

Fela for president


Accade, forse più spesso di quanto possiamo immaginare, che gli epigoni di un gruppo o di musicista influente contribuiscano a renderne nebuloso o impreciso il ricordo. Altro che perpetuare il verbo del maestro, spesso ci troviamo dinanzi ad operazioni di annacquamento; quando va bene a tributi affettuosi o compitini fatti con mestiere; quando proprio va di lusso ci si imbatte in musicisti di spessore (i primi che mi vengono in mente sono gli Antibalas) o in processi di meticciato di alto livello (vedi il recente progetto Classica Orchestra Afrobeat). 

Sappiamo ad ogni modo che la realtà è nell'occhio di chi guarda - di chi ascolta in questo caso, ma è innegabile che in questi ultimi dieci-dodici anni siano proliferate band e artisti idealmente riconducibili al calderone afrobeat. Di norma cerco di ascoltarli tutti, perché questa musica, come si dice, è decisamente la mia tazza di tè. E più d'una volta ho scovato gemme preziose e piacevoli sorprese.
Però Fela era Fela. E la sua musica lascia ancora disorientati, disancorati. Molti gruppi ne hanno colto per lo più l'aspetto ritmico e hanno sfruttato le possibilità offerte dagli strumenti a fiato, ma la sua musica era qualcosa di più e di molto diverso. In primo luogo per la valenza sociale e politica: Fela aveva preso una posizione molto netta e definita contro qualunque tipo di imposizione autoritaria e di colonialismo. E poi, da un punto di vista strettamente sonoro, nelle sue composizioni si odono suggestioni e tessiture che rimandano ad altro, che lasciano sospesi in un limbo sfolgorante dove l'highlife e i ritmi dell'Africa Occidentale si accoppiano con groove e giri di basso incendiari, come se le black music di entrambe le sponde dell'Atlantico dialogassero all'insegna del funk. Ma non solo. Riascoltando Zombiead esempio(1976; Zombie / Mister Follow Follow / Observation Is No Crime / Mistake), si avverte un'atmosfera sospesa, di creazione in itinere, come di strade che vengono percorse nel mentre vengono tracciate, che non riuscirei a descrivere meglio se non con l'espressione jazz.

E' lui l'unico e autentico black president.


venerdì 28 agosto 2015

Qualcosa di nuovo dal fronte occidentale ...


Roots Magic - Hoodoo Blues 

Alberto Popolla clarinets / Errico DeFabritiis alto sax / Gianfranco Tedeschi double bass / Fabrizio Spera drums / Guest: Luca Venitucci Organ, Melodica, Amplified Zither




Ammaliante. Avevo bisogno di un disco del genere in questo momento. Che vi devo dire, questo qui è il mio rock'n'roll.


"This is one more proof that jazz, and blues for that matter, turned to be a universal language. Roots Magic is an Italian quartet, and yes, they play the Blues. A sort of Avant-Garde Blues, to be more exact. The group consists of Alberto Popolla – clarinets, Errico Defabritiis – alto sax, Gianfranco Tedeschi – double bass and Fabrizio Spera – drums, plus guest Luca Venitucci – organ. Two of the tracks of this album are from members of the band but the main content is formed by covers. Some come from the Delta Blues repertoire (Blind Willie Johnson, Charley Patton) and are submitted to unusual arrangements, and others were composed by distinguished Free Jazz. musicians like Julius Hemphill, Phil Cohran, John Carter, Sun Ra and Olu Dara, and Roots Magic squeeze the blues out of it. The concept is marvelous and the results are magnificent. A multiple picture including open form ballads, Afro-funk numbers and highly energetic free-jazz. Maybe only non-African-Americans could manipulate the tradition like this, but it does sound American. Thank God we live in a global village and history isn’t something to keep stored at a museum". [dal sito Clean Feed]



Leon Bridges - Coming Home


Qui invece stiamo da tutt'altra parte, e lo si capisce già dalla copertina. Più che un ritorno a casa, è un revival soul-gospel coi fiocchi. Ma ragazzi, che canzoni zuccherose. E quanto ti si appiccicano piacevolmente addosso. La passione disperata di Sam Cooke che urla A Change Is Gonna Come è solo una lontana chimera (d'altra parte esistono oggidì modelli soul-funk artisticamente validi e ben consolidati cui guardare, chiedere in casa Daptone), ma il buon Leon azzecca un pezzo dietro l'altro. E Lisa Sawyer non sfigurerebbe accanto ai classici.



venerdì 14 agosto 2015