E' consigliato parlare con gli sconosciuti ...

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lunedì 26 gennaio 2015

Pensare l'impossibile



D'accordo. L'unico Roth che un poco conosco e che ho letto è il Joseph de La Leggenda del Santo Bevitore e de La Cripta dei Cappuccini. Purtroppo non sono per nulla familiare con l'opera di Philip Roth; cercherò di rimediare, per quanto mi sarà possibile.

Ma quando leggo articoli come quello di Pierluigi Battista uscito su Corsera di oggi - "Gli anticorpi liberali che ci difendono contro la censura", inizio in prima pagina e continuazione a pagina 25 - non riesco a reprimere un moto di frustrazione e fastidio. A maggior ragione in un momento storico come questo in cui, visti i recenti avvenimenti - ISIS, ostaggi barbaramente uccisi in mondovisione, attentati terroristici a Parigi - si tende a fare abbuffate bulimiche di bei paroloni, usati spesso a sproposito per colmare una mancanza di idee realmente nuove e creative, e forse, anche, per riempire un vuoto identitario che è tutto nostro, dell'occidente. Finché ci si trincera dietro a slogan e ad espressioni astratte come "i nostri ideali", "libertà", "giustizia", "libertà d'espressione", "pace", "dialogo", "integrazione", cercando di spiegarli e di dare loro un senso ritornando tautologicamente alle parole stesse, certo di passi avanti non possiamo sperare di compierne. Reali passi avanti. Di sicuro ci si sente più vicini, con la sensazione di appartenere, di essere tutti membri della medesima civiltà, al di là delle differenze etniche e religiose - vedi manifestazione parigina dell'11 gennaio - a fare fronte comune contro il "Terrorismo" e i "Nemici della libertà". 
Senza dubbio, però, fintanto che non ci si mette in questione in prima persona, compiendo un sano, utile (ma ahimè inusuale) atto di auto-osservazione, non possiamo davvero interrogarci sul significato che hanno per noi quelle parole e quei valori, e per noi in relazione ad altri, popoli, paesi, culture. "Altri" che entrano nelle nostre case e nelle nostre vite in maniera più e meno pacifica. Si parla tanto di 'dialogo' ma ho come l'impressione, sempre più viva, che tale dialogo si risolva per lo più a favore di uno solo degli interlocutori, di una delle metaforiche parti in causa. E allora non è più dialogo. Però diciamocelo.

Nell'articolo citato, facendo riferimento all'episodio dello scrittore ebreo Philip Roth, accusato nel 1959 di antisemitismo a motivo del contenuto di alcuni suoi romanzi (accusa giunta dallo stesso mondo ebraico, e forse anche comprensibile se consideriamo il periodo storico immediatamente post-Shoah, Norimberga, creazione dello Stato di Israele), si parla di "dialettica tra oltraggio e difesa di un'identità religiosa, tra trasgressione e desiderio di far rientrare nei ranghi l'eretico". Tuttavia, quando l'ho letto, ho avuto la forte sensazione che l'autore utilizzasse alcuni termini - "dialettica", "e/e" - ma senza realmente credere nel loro significato. O meglio, intendendo implicitamente un "o/o", e schierandosi apertamente in difesa di una delle due polarità. Come detto sopra, 'parole parlate' e non significate.

Io credo che la libertà sia un concetto e un ideale bellissimo, in nome del quale sono state combattute migliaia di battaglie e sono stati versati fiumi di sangue (abito in Lombardia, e l'espressione "Se non fosse stato per gli americani, ora qui parleremmo tutti tedesco" mi è molto familiare). Ma la "libertà", in quanto idea, valore, sentimento, può essere declinata in innumerevoli modi diversi, a seconda degli ambiti della vita, dello status socio-economico degli individui, del periodo storico, del contesto territoriale, geo-politico e culturale. Più che di valori universali preferisco pensare ad "universi di valori": ideali che hanno una storia, sono ben piantati in un contesto sociale, culturale e storico, configurandosi come locali
A mio parere, se non partiamo da questo primo riconoscimento diventa poi difficile ammettere che all'interno di un dialogo autentico e di una vera dialettica uno dei due punti non si elida a favore dell'altro. Si dialoga quando, come interlocutore, mi muovo davvero verso l'altro e cerco di immaginarmi le sue ragioni, ascoltando quel che ha da dire, e facendovi spazio dentro di me. Non è semplice, anche perché non siamo abituati a farlo, così preoccupati di dire la nostra e di "chiarire all'altro le nostre ragioni", occupandoci solo di controbattere e di legittimare la nostra visione delle cose. 
Ma quale "altro", se non lo ascoltiamo e non lo riconosciamo come interlocutore degno di un confronto? In questo modo, finisce che ce la suoniamo e ce la cantiamo. Ma di certo non dialoghiamo. Monologhiamo, caso mai, in maniera etnocentrica. E questo "altro" non deve essere necessariamente di un'altra etnia o provenienza geografica, può anche incarnarsi nel volto del vicino di casa, del collega di lavoro, di quello - amato - di un amico o di un familiare. Per questo, qui accanto, nello spazio virtuale del mio blog e mentale del mio sentire, ho sentito l'urgenza di affiancare alla frase di George Orwell sulla libertà (per lui coincidente con la libertà di espressione e scrittura) quella di Bergoglio sul tanto chiacchierato "pugno". Perché è nella loro coesistenza che tento di trovare una o più chiavi di lettura a quel che sta accadendo, e non nell'esaltazione fanatica e a senso unico di concetti e ideali - pur positivi e degni - che però fanno riferimento ad un solo modo di vivere la vita, ad un unico universo di valori, con l'esito di un appiattimento delle differenze in nome di una sbandierata (e consumata, poverina) "libertà". 

A proposito dell'India Tiziano Terzani ci ricordava che "Col suo solo esserci [...] rammenta a noi occidentali che non tutto il mondo desidera quel che noi desideriamo, che non tutto il mondo vuole essere come noi siamo"; e, riguardo alla guerra combattuta dagli Stati Uniti insieme agli 'alleati' in Afghanistan dall'ottobre 2001, ci ricorda ancora - e ne abbiamo tanto bisogno - che "[...] chiamiamo realtà quel che percepiamo attraverso i nostri sensi, i nostri pregiudizi e le nostre idee fisse". 

Come diceva umilmente, ancora, il buon Terzani, mi rendo conto al contempo di quanto sia semplice la posizione di 'osservatori pensanti' non obbligati a prendere delle decisioni che avranno un effetto, sempre imprevisto e non prevedibile, su sistemi più ampi.

Per quel che può valere, sulla scrivania di casa ho Shah-In-Shah di Ryszard Kapuscinski, Lettere contro la guerra di Tiziano Terzani e Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi, oltre ad un'edizione tutta sciccosa di 1984 che ammicca dalla mia mensola, accanto a Fahrenheit 451 del caro Bradbury. Pur nella diversità di contesti, tempi e periodi storici che attraversano (e che li attraversano), queste opere non cercano di ridursi l'un l'altra in cenere. So che, purtroppo e per fortuna, gli individui e i sistemi umani sono ben più complessi. Ma, come si diceva all'inizio, forse è il caso di accogliere come un dono tale complessità, che non è sinonimo di relativismo ma di riconoscimento della differenza e autentica disponibilità al confronto aperto, che prevede l'ascolto dell'Altro, ma anche e in primo luogo l'osservazione critica di se stessi. Osservazione che, ricorsivamente, può essere compiuta solo in relazione ad un Altro diverso da me, che mi rimanda e mi ricorda la nostra diversità e quindi mi parla, in una certa misura, anche di me.  

D'altra parte, i libri sono 'soltanto' libri, carta stampata o bytes su un computer, e diventano vivi solo in relazione con un lettore o con un pubblico di lettori. Soltanto, dunque, all'interno di un dialogo autentico, le idee, i sentimenti, le storie in esso contenuti prendono vita e possono sperimentare il sogno di coesistere civilmente e creativamente nella testa e nell'immaginazione di chi legge. Contaminandosi, ibridandosi e dando origine a forme nuove. Noi, insieme ai nostri amati libri.




Concludo lo sproloquio con una domanda, che per prima rivolgo a me stessa: c'è davvero qualcosa o qualcuno da cui dobbiamo difenderci?




NOTA: le immagini qui riportate sono opera di un grande "pensatore dell'impossibile", Maurits Cornelis Escher.

sabato 17 gennaio 2015

Libri benessere



"I continenti invecchiano presto quando arriviamo noi. Gli indigeni vivono in armonia con essi, ma gli stranieri distruggono, tagliano le piante, prosciugano, e modificano così il rifornimento dell'acqua, e in breve il suolo, una volta che le zolle sono rivoltate sotto, si isterilisce, e si volatilizza come è già accaduto in tutti i vecchi paesi, e come l'ho visto incominciare nel Canada. La terra si stanca di venir sfruttata. Una regione si esaurisce rapidamente a meno che l'uomo non le ritorni i suoi residui e quelli dei suoi animali. Quando abbandona le bestie da lavoro per le macchine, la terra lo sconfigge rapidamente. La macchina non può riprodurre, né fertilizzare il suolo: e consuma quel che lei non riesce a produrre.

Un paese è fatto per rimanere quale noi lo troviamo. Siamo noi i disturbatori e dopo la nostra morte esso si troverà anche del tutto rovinato, ma sarà sempre lì, né sappiamo quali saranno gli ulteriori cambiamenti [...].

Io sarei tornato in Africa, ma non per guadagnarmi la vita, per questo mi bastavano un paio di matite e poche centinaia di fogli di carta della meno cara. Ma sarei tornato là, dove mi piaceva vivere, vivere veramente, non puramente trascorrere i giorni".

-- ERNEST HEMINGWAY, 1935.


Il seconda da destra, accanto a Hemingway, è Mr. J.P., detto "Pop", a cui il libro è dedicato.

giovedì 15 gennaio 2015

Orfeo Branco



Non so se sia solo il brivido del momento oppure se resisterà anche sulla distanza, ma questo Dança Dos Tempos (Now Again, 2015) di Fabiano Do Nascimento mi incanta, riportandomi ai ritmi misteriosi e alle melodie arcane de Os Afro-Sambas di Baden Powell e Vinicius De Moraes, uno dei dischi con la musica più bella in assoluto che io abbia mai ascoltato. 

Per giunta il ragazzo suona la chitarra classica magnificamente, il che gli vale come minimo mezza stella in più. 


venerdì 2 gennaio 2015

Tempo di Top








Altri 15:

The Coral – The Curse Of Love (Skeleton Key Records)

Vaudou Game – Apiafo (Hot Casa Records)

Classica Orchestra Afrobeat – Regard Sur Le Passé (Sidecar/Brutture Moderne)

Dirtmusic – Lion City (Glitterhouse Records)

Melingo – Linyera (World Village)

David Krakauer – The Big Picture (Table Pounding)

The DeSoto Caucus – ST (Glitterhouse Reords)

Tuba Skinny – Pyramid Strut/Owl Call Blues (Louisiana Music Factory)

Fire! Orchestra – Enter! (Rune Grammofon)

Toumani Diabate & Sidiki Diabate – Toumani & Sidiki (World Circuit)

Eno & Hyde – High Life (Warp)

Mamadou Diabate – Griot Classique (self-released)

Naomi Shelton & The Gospel Queens – Cold World (Daptone Records)

John Zorn – The Song Project Vinyl Singles Edition (Tzadik)

Kasse Mady Diabate – Kiriké (No Format)



Per chi ne volesse ancora ...

The Touré-Raichel Collective – The Paris Sessions (Cumbancha)
Anansy Cissé – Mali Overdrive (Riverboat)
Ablaye Cissoko & Volker Goetze – Djalyia (L’Autre Distribution/Absilone)
Pharoah & The Underground – Spiral Mercury (Clean Feed)
Gala Drop – II (Golf Channel)
The John Lurie National Orchestra – The Invention Of Animals (Amulet Records)
Gregory Porter, Donald Smith, Mansur Scott, Paul Zauner’s Blues Brass – Great Voices of Harlem (Pao Records)
Emma Donovan & The Putbacks – Dawn (Kudos Records)
Oran Etkin – Gathering Light (Motema)
Fabian Almazan – Rhizome (Blue Note/Artist Share)
Moreno Veloso – Coisa Boa (Luaka Bop)
Karl Hector & The Malcouns – Unstraight Ahead (Now Again)       
The Shaolin Afronauts – Follow The Path (Kudos Records)
The Budos Band – Burnt Offering (Daptone Records)
Tunde Jegede – Heritage (Xiom Music)
Aurelio – Làndini (Real World)                  
Bonnie Prince Billy – Singer’s Grave a Sea of Tongues (Drag City)
Adrian Raso, Fanfare Ciocarlia – Devil’s Tale (Asphalt Tanto)
Dead Combo – A Bunch Of Meninos (Dead & Company)
Sharon Jones & The Dap-Kings – Give The People What They Want (Daptone Records)
Maria Bethania – Meus Quintais (Biscoito Fino)
Sun Kil Moon – Benji (Caldo Verde Records)                
Khun Narin – Khun Narin's Electric Phin Band (Innovative Leisure)
Woima Collective – Frou Frou Rokko (Kindred Spirits)
Third Coast Kings – West Grand Boulevard (Record Kicks)
Meridian Brothers – Salvadora Robot (Soundway)
Mamani Keita – Kanou (World Village)
John Zorn – Psychomagia (Tzadik)
Seun Kuti & Egypt 80 – A Long Way To The Beginning (Knitting Factory)
Ibibio Sound Machine – Ibibio Sound Machine (Soundway)
VA – Sawtuha (Jakarta Records)
La Chiva Gantiva – Vivo (Crammed Discs)
Malawi Mouse Boys – Dirt Is Good (Independent Records)
Anthony Joseph – Time (Naïve)


Dischi probabilmente interessanti usciti dal mio radar (ma rimedierò presto):




Che dire? Un anno musicalmente molto interessante a mio modo di vedere. E' indubbio che sia sempre più difficoltoso nuotare nel mare magnum di proposte e dedicarvi un ascolto, se non meticoloso, perlomeno attento. Ci si prova, nella convinzione che sia sempre meglio l'abbondanza :-)

Uno splendido 2015 a tutti voi! A chi ha condiviso alcuni dei miei ascolti, ma anche a chiunque, passando di qui, abbia colto note e nomi estranei al proprio orecchio ... sono pronta e ben lieta ad accogliere nuove vibrazioni!

Un abbraccio,
Fede