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sabato 7 novembre 2015

Musica per ipnotici matrimoni elettrificati


Abba Gargando 
Abba Gargando 
(Sahelsounds, 2015)


"Low-fi Tuareg guitar from renowned Timbouctou musician Abba Gargando. Original compositions and folklore classics from hypnotic electrified weddings to quiet fireside recordings in the refugee camps. Collected and recorded on cellphones, sparse recordings in the medium where he is best known".


Ho vergognosamente copiato e incollato la descrizione fornita dal comunicato stampa della Sahelsounds perché in primo luogo è scritta benissimo, e poi perché il fascino visionario delle parole rispecchia efficacemente e felicemente quello della musica.

Abba Gargando è un nome che non mi è nuovo. Dopo una breve ricerca sul sempre utile rateyourmusic, scopro che un suo pezzo compariva nella interessantissima raccolta Laila je t'aime (Mississippi Records/Sahelsounds, 2012), ideale prosecuzione di una serie di cassettine di culto sempre uscite per Sahelsounds (Music from Saharan Cellphones). 

Il mio corpo, il mio cuore, i miei pensieri, tutto vibra gioiosamente quando ascolto musica del genere. Parlando qualche settimana fa con gli amici di Radio Pane Salame (ciao ragazzi!) di musica del popolo Tamasheq, o Tuareg che dir si voglia, si diceva del magnetismo di questi suoni del deserto, rock'n'roll nell'attitudine combattiva e blues nell'anima, che hanno bisogno tuttavia di un tempo di acclimatamento alle nostre orecchie. In maniera sensata si rilevava la necessità di penetrare, almeno un minimo, in un contesto artistico e geo-culturale ricchissimo, ma distante anni luce dal nostro modo di intendere l'arte, la vita, la società, le relazioni. Basti solo pensare alle difficoltà linguistiche, che ci portano ad usare indistintamente termini ed espressioni che tra loro coincidenti non sono (ad esempio: tamasheq è il dialetto parlato nel territorio di Timbouktou, tishoumaren è il nome specifico del genere musicale, da noi chiamato per comodità tuareg music). O ancora, le differenze lessicali, che fanno riflettere su quanto il modo di nominare le cose del mondo sia anche un modo per crearle e renderle vive, importanti e ricche di sfumature ai nostri occhi: ad esempio tenere è soltanto uno dei molti modi per designare il deserto.

Questo riscaldamento per farci entrare meglio nell'ottica di Abba Gargando e della sua musica, che a mio parere sposta ancora un poco più in là gli immaginari confini creativi dei suoni del popolo tuareg. Confini che, a ben vedere, sono una bella frottola umana, la cui realtà illusoria emerge come una fata morgana tra le dune dei deserti del Sahel.

In Abba Gargando la trance e la circolarità ipnotica dei suoni vengono esaltate, oltre che dai riff delle chitarre, da un lavoro sulla ritmica che utilizza l'elettronica e non so quali altre diavolerie (una drum-machine? purtroppo le informazioni in rete non abbondano). Ci sono melodie sopraffine, e cose che piacerebbero un mondo ai fan del kraut-rock e di certo electro-pop odierno. E che effetto di straniamento pensare che il materiale è invece stato registrato e prodotto in Mali e Mauritania!






Si tratta di musica che viene tuttora scambiata e condivisa attraverso le micro-sim dei cellulari. 

Uno di quei casi in cui il medium, pur con i limiti a livello di pulizia sonora, diventa parte essenziale e vitale della cifra stilistica del contenuto. Un diverso modo di intendere la bassa fedeltà dunque, non lavorata in una cameretta dell'Upper East Side di Manhattan, ma ricavata con gli strumenti che si hanno a disposizione, sotto una tenda, in compagnia di innumerevoli granelli di sabbia, e di persone. 

Less is more ... ma è davvero less?



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